Museo Rosso Graspa - La via dell'uva

La via dell’Uva

La produzione del vino ricorda all’uomo che in agricoltura l’ultima parola spetta sempre alla natura.
Una stagione avversa può compromette un anno di lavoro.
Immagine storica del Museo Rosso Graspa - contadini in vigna

E quante vendemmie sono state rovinate dai parassiti! Contro il maltempo non c’è rimedio, ma all’inizio del Novecento i contadini di Castelvetro cercano di fermare le malattie della vite con un antiparassitario, chiamato poltiglia bordolese. Preparano questa soluzione in bigonci di legno, la versano nelle pompe e la spruzzano sui tralci.
I trattamenti proseguono per tutta la bella stagione, fermandosi solo poco prima della vendemmia, il momento-chiave dell’anno.
Quando raccolgono l’uva, tolgono i grappoli senza spremerli e riversano i panieri nel carro, dove i ragazzini li sgualciscono pestandoli con i piedi.
Il procedimento si velocizza solo a partire dagli anni Trenta, con l’introduzione delle pigiatrici, prima manuali e poi a motore.
Mentre il mosto comincia a fermentare nei tini, i contadini conservano il raspo e mettono le vinacce sotto il torchio per strappare ogni goccia residua alle bucce degli acini.

Il liquido estratto è troppo poco nobile per finire sul mercato, ma è perfetto per dissetare e riscaldare i lavoratori dei campi.
Intanto, però, la fermentazione continua.
Prima di spostare il mosto dal tino alla botte grande, o da questa alla botte piccola, il contadino lo filtra per separarlo dalla feccia, facendolo passare attraverso tessuti che trattengono le impurità.
Grazie ai progressi della chimica, i produttori possono conservare a lungo il vino, migliorandone la qualità.

Lo sviluppo dei trasporti permette inoltre di allargare i commerci.
Quando cominciano a vendere il frutto delle loro fatiche, i contadini si attrezzano per misurare la quantità del prodotto e convertirla in guadagno: oltre alle damigiane, adatte per trasferire il vino da una cantina all’altra, si diffondono strumenti di pesatura, come stadere e baschi.

La via dell’uva si chiude con l’imbottigliamento.
È un processo delicato: quando esce per l’ultima volta dalla botte, il vino dolce e fermo vuole la luna calante, mentre quello frizzante la preferisce crescente; la luna piena va bene per tutti, mentre quella nuova è un pessimo affare.
Meglio evitare anche la pioggia e il vento, poiché il vino ama entrare nel vetro con il sole e il bel tempo.
Se le condizioni sono ideali, il cantiniere porta il liquido ai beccucci, riempie le bottiglie e le chiude con i turaccioli, sperando che anche quelli siano buoni. Perché un vino che “sa di tappo” non piace a nessuno!

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