Giuseppe Simonini è l’autore di tutte le fotografie che illustrano questo Museo.
Nato a Castelvetro nel 1901 dove è morto nel 1994, Simonini nel corso della sua vita non ha smesso di fotografare i volti della sua gente e i luoghi che amava, lasciandoci in eredità un copioso archivio fotografico custodito dal nipote Fausto Simonini e dall’Associazione Mezaluna di Vignola.
Di Giuseppe Simonini sappiamo che era il primo di sette fratelli e che, a causa delle ristrettezze economiche, a dieci anni fu costretto ad abbandonare la scuola per trasferirsi a Portile, come servitore presso parenti.
È da Portile che, nei momenti di libertà, Giuseppe iniziò a frequentare la vicina Modena e gli studi fotografici cittadini: in quegli anni conobbe Salvatore Andreola, Antonio Goldoni, Umberto Candeli, Faustino Pedroni e acquistò le sue prime macchine fotografiche, tra le quali Framcais e una Mentor Reflex.
Al suo ritorno a Castelvetro diventò garzone di falegname, imparò l’arte e per alcuni anni svolse questa l’attività, però dedicò sempre il suo tempo libero alla fotografia.
Poi scelse. I tempi nuovi portarono le prime commissioni: arrivarono le fototessere, poi l’esigenza di documentare le opere di regime, le manifestazioni, i saggi. La guerra rese la sua attività più pericolosa: nella sua casa, lungo la strada per la montagna, andarono a farsi i ritratti sia i partigiani sia i tedeschi.
Simonini divenne con il tempo una figura conosciuta: il fotografo che con la sua fedele bicicletta andava a caccia d’immagini, intento soprattutto a documentare il suo mondo con grande empatia.
Nel dopoguerra la sua produzione cominciò ad omologarsi: fotografò matrimoni, battesimi,
manifestazioni popolari, ecc.
All’attività di fotografo, specie negli ultimi anni, affiancò quella di pittore. Realizzò inoltre una serie di straordinarie pittografie intervenendo con il colore su suoi scatti.
L’attività artistica di Giuseppe Simonini ha per noi un insuperabile valore storico: per dirla con Franco Vaccari “Non c’è particolare nelle fotografie di Simonini che senza la fotografia si sarebbe salvato dalla totale sparizione per effetto del tempo. Se lo stesso ambiente fosse stato fotografato da un borghese, invece che da un contadino, l’effetto di salvazione non avrebbe avuto la stessa efficacia. Sono sicuro che nelle immagini del borghese avremmo avvertito la presenza di uno sguardo esterno, di chi osserva un mondo da una posizione di privilegio (…). Simonini appartiene, invece, totalmente al mondo che ritrae; in lui non c’è il minimo tentativo di distinguersi da esso, di giudicarlo; ci sono solo amore e rispetto assoluti.”