La via della terra comincia con l’aratura, poiché rivoltare le zolle rende più fertili gli strati superiori del terreno.
Nell’epoca precedente al trattore, il peso del lavoro ricade sui buoi e sugli uomini: nel calore dell’estate i primi tirano e i secondi guidano l’aratro.
Il lavoro è faticoso: mentre le vibrazioni del manubrio mettono alla prova le braccia dei contadini, il caldo sfianca gli animali: per ridurre l’impatto del sole, molte famiglie arano all’alba, al tramonto o alla luce delle torce.
Negli orti e lungo i fossi, troppo piccoli per l’impiego degli aratri, i contadini completano questa operazione con le vanghe. Una volta rivoltate, le zolle devono essere sminuzzate con l’erpice o con la zappa.
Poi arriva il tempo della semina: molti procedono “a mano”, mentre chi investe nei macchinari usa la seminatrice. Per ottenere un buon risultato, servono le energie di tante persone.
Nella prima metà del Novecento emiliano, i bambini e i giovani aiutano gli adulti nei campi: le ragazze e i ragazzi prendono la zappa per frantumare le zolle dei frutteti e dei vigneti o per preparare l’orto ad accogliere le sementi.
Dopo il lungo inverno, le messi maturano e arriva il tempo della mietitura. Nel caldo dell’estate i braccianti impugnano le falci e tagliano gli steli a pochi centimetri dal suolo. Intanto le ragazze e i giovani radunano le spighe tagliate in fasci e covoni, poi le lasciano a essiccare sotto il sole fino alla trebbiatura, un’operazione che cambia volto a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta.
I coloni e i mezzadri non battono più le spighe nell’aia, impugnando attrezzi pesanti sotto il sole di luglio.
La fatica del movimento si abbatte sulla cinghia della macchina trebbiatrice, quasi sempre alimentata da un motore. Al termine della battitura, i contadini raccolgono i chicchi di frumento in grandi sacchi e li portano ai mulini.
Lì, dalla macinatura, si ricava la farina, elemento di base del pane e di tanti altri cibi. Nel ciclo produttivo delle campagne, anche i prodotti di scarto assumono un ruolo decisivo.
Al termine della mietitura, gli steli delle spighe diventano paglia, impiegata sia nelle stalle come lettiera, sia per realizzare materassi e sedie.
Dopo la falciatura del maggese, anche il fieno viene raccolto e imballato per riempire le mangiatoie in tutti i mesi dell’anno.